La vescìa natatoria (3)
Buongiorno, bimbi!
Un penserete mìa
che sia finita ‘ndove v’avevo lasciato, eh?
Siccome ciò l’abitudine
di fa’ le ‘osine a modo, un mi sono fatto mancà nulla e, alla fine della
settimana passata, ho inviàto a vedè un po’ d’arrossamento attorno alla ferita…
sì, quella da dove m’hanno levato la vescìa natatoria.
Ma come… ir rosso
un va più di moda da un branco di tempo diciasmo che, anche in polìtia, è
diventato un rosino sbiadito, e a me mi viene rossa la ferita? Mah!
Poi, piano piano,
ir rossore s’è allargato ar collo e giuggiù fino alle pinne. Insomma, pe’ falla
‘orta, in tre balletti mi so’ riempito di pippoli che mi prudevano da un fammi
dormì la notte. Allora mi sarei squamato, da tanto che mi veniva da grattammi! Lo
scoglietto in fondo al letto l’ho fatto tondo, da tanto che mi ci so’
strusciato, e la mi moglie s’è consumata le pinne davanti pe’ alleviammi un po’
le pene. Perfino cor bruschino ciò provato e, da tanto che un ne potevo più,
anche colla grattugia!
Macché! Un c’era
verso.
Ma un è anche finita! Le squame mi si son rizzate che sembravano li spunzoni appuntiti di vell'antipàtio der mi ‘ugino, ir pesce palla che, a sdraiammi, mi sembrava d’esse sulla branda d’un fa’hiro; la pinna dorsale intirizzita così un l’avevo mai avuta che quando mi giravo facevo certi sgraffi alla mi moglie, che ni ci volevano guasi i punti di sutura; e la ‘oda? Diritta e intirizzita anche vella che un potevo più svortà né a destra né a sinistra; certe musate nelli spigoli delle ‘antonate che ho pensato, fra me e me:
“Vai, così poi mi
ci vole anche ir chirurgo plàstio, per rifammi i ‘onnotati!”
Ciò più cerotti in
capo che ner magazzino della Sarvelox!
Vi potete immaginà
lo spavento!
“Stai a vedè che
con tutto vello zuppone di medicine che mi piglio, ce n’è una che mi fa venì ir
prurito!” Mi so’ chiesto.
Sicché mi so’ messo
a lègge tutti i bugiardini di tutte le medicine e ho scoperto che una di veste
dà propio vello sfogo della pelle che m’è venuto a me… lo sfogo della triglia, tanto per rimané in argomento.
Voi cosa avreste
fatto? Io mi so’ attaccato ar telefono e ho chiamato ir mi dottore prima e subito
dopo ir barbaro, ma che un è barbaro per niente. Sembrava si fossero messi d’accordo:
“Ma coa dici?”
Diceva uno.
“Ma un ci pensà
nemmeno!” Rispondeva vell’artro.
“Sarebba la prima
vorta che capita, nella mi carriera!” Ribatteva ir primo.
“Di siuro è un'allergia, ma a un’antra
‘osa, un so cosa, ma è un’antra ‘osa!” Ribadiva ir seòndo.
“Eh! Dite bene voi, fin lì c'ero arrivato anche dammé, - n’ho risposto a tutt’e due – ma ‘ntanto mi gratto io!”
E così m’hanno
ridato ir cortisone e dell’artre pasticche, tanto una più una meno...
Seddiovole, però,
pare che avessino ragione loro – d’artronde sennò un sarebbero dottori – perché
ora sto un po’ meglio, o per lo meno la notte un mi gratto più e le squame
hanno principiato a riabbassassi nella posizione naturale, la ‘oda si rimove un
gocciolino e le ‘antonate via-via le scanzo!
Ora speriamo che un
mi ‘apiti più nulla perché perdavvero mi sarei anche rotto le palle… o sennò,
come dicevano l’antìi, proverò a andà...
a fammi benedì da’ Greci
anche se un ho mai ‘apito cosa volessero dì (ma lo vado a cercà e poi ve lo racconto!)!
O, intanto v’abbraccio
tutti, tanto ormai un bùo più, e vi prometto che la prossima vorta un parlerò
più di me…
Ci si vedeeee!
La mi’ amica triglia, 15 maggio 2021